lunedì 15 agosto 2011

Estratto da "La rosa di Parigi"



Marianne entrò come una furia nel salotto privato del marchese de Saint-Fraycourt e sprofondò in una poltrona.
“Dio, come lo odio!”, disse ripensando ancora alla discussione avuta con Nicolas, “Lo ammazzerei con le mie mani.”
“A chi vi riferite, Marianne?”
Il marchese la stava fissando con aria indagatrice ed ella si affrettò a rispondere: “A quell’idiota di Nicolas de Soissons. Ero andata da lui con le migliori intenzioni e mi ha trattata come una volgare sgualdrina. Ha persino avuto l’ardire di farmi intendere che non sono degna di essere amica di sua sorella.”
“Allora vuol dire che vi conosce bene, mia cara.”
“Oh, andate al diavolo, Alain. Non sono in vena di apprezzare le vostre malignità. Adesso tutto ciò che voglio è vendicarmi.”
Marianne distese le lunghe gambe affusolate su uno sgabello, dopo di che cominciò a riflettere sul da farsi. Aveva un non so che di affascinante in quella posizione ed il marchese de Saint-Fraycourt rimase a guardarla con una strana luce negli occhi. A pensarci bene, la baronessa de Courtizot era proprio una bella donna, con quei suoi lunghi capelli color castano ramato e gli occhi violetti. Doveva avere all’incirca venticinque anni, pensò Alain, e da due era rimasta vedova, nonché unica erede di un’inestimabile fortuna, dal momento che non aveva figli.
“Alain, ho trovato!”, esclamò all’improvviso Marianne interrompendo il corso dei suoi pensieri, “Adesso so come vendicarmi di Nicolas, ma per farlo ho bisogno del vostro aiuto.”
“Sono a vostra disposizione, mia cara, cosa devo fare?”
La baronessa sorrise.
“Ero sicura che mi avreste aiutata. Ascoltate attentamente ciò che ho da dirvi.”
“Sono tutt’orecchi, madame.”
“Nicolas ha fatto venire qui a corte sua sorella per trovarle un marito, credo che abbia già in mente qualcuno, anche se non so di chi si tratti…”
“Non vorrete che la sposi io, spero. Sapete che sono contrario al matrimonio.”
Marianne scoppiò in un’allegra risata.
“Oh, non preoccupatevi, anche se voleste Nicolas non darebbe mai in sposa la sua sorellina ad un libertino come voi.”
“Allora temo di non capire.”
“Non c’è nulla di più semplice, mio caro. Cosa succederebbe se la dolce bambina innocente non si rivelasse più tale, a nozze avvenute?”
Un sorrisino malizioso illuminò il volto della baronessa e Alain de Saint-Fraycourt disse: “Credo di cominciare a capire dove volete arrivare, Marianne, e l’idea mi piace.”
“Perfetto! Per voi sarà un gioco da ragazzi occuparvi della sorella di Nicolas, sappiamo tutti che siete un rubacuori.”
“Già”, fece quindi il marchese avvicinandosi a lei con quella strana luce negli occhi, “Ma da tutto questo io cosa ci guadagno?”
La baronessa sorrise nuovamente e si sporse in avanti per permettergli di vedere ciò che la scollatura del corpetto metteva in evidenza.
“Mio caro Alain”, disse con voce roca, “Dovreste sapere che pago sempre i miei debiti.”

sabato 6 agosto 2011

Estratto da "La figlia del re di Francia"


Angelique era stata aiutata dalla giovane domestica a liberarsi del vestito ed ora sedeva davanti allo specchio, solo con il bustino di seta e la sottogonna. Era terribilmente inquieta. La cena in compagnia di Vincent non era andata come si sarebbe aspettata. Pensava di condurre lei il gioco, non si era mai sentita intimorita da un uomo; lui invece la sconvolgeva. I suoi occhi posati su di lei la facevano tremare e non si sentiva più padrona delle proprie azioni.
Mentre si spazzolava i lunghi capelli udì dei passi nel corridoio. Riconobbe la sua andatura e l’agitazione la invase. Lo sentì fermarsi proprio innanzi alla sua stanza e battere con forza alla porta. Pareva irritato ed ebbe l’impressione che, se non avesse aperto, sarebbe arrivato a sfondare l’uscio, pur di entrare. Effettivamente non si era comportata nel migliore dei modi con lui. Rinfacciargli il fatto di essere un rubacuori era stato oltremodo maleducato, se ne rendeva conto. Eppure esitava a farlo entrare. Temeva che, se l’avesse fatto, avrebbe finito per cadere anche lei fra le sue braccia. Si sentiva assai vulnerabile quella sera, forse anche per merito del vino. Col cuore in gola si alzò ed armeggiò col chiavistello. Quando lo ebbe sganciato egli spalancò la porta ed entrò.
La sua espressione era truce, al punto che, spaventata, Angelique afferrò il suo fioretto e lo puntò nella sua direzione.
“Come osate entrare in questo modo in camera mia, a quest’ora della sera?” Lo apostrofò.
Vincent le rivolse un sorriso beffardo.
“Volete battervi a duello?” Estrasse anch’egli la sua spada dal fodero. “In guardia, allora!”
Angelique parò il primo assalto e indietreggiò. Si sentiva i nervi a fior di pelle, non le era mai accaduto in uno scontro. Il conte era molto abile, si muoveva con agilità e a un tratto riuscì a disarmarla. La ragazza si trovò immobilizzata con le spalle al muro. Con un’ultima stoccata egli le lacerò il bustino e Angelique cercò di coprire le proprie nudità con le mani. A quel punto il conte le fu addosso e la sollevò tra le sue possenti braccia.
“Non oserete toccarmi?” Protestò la fanciulla, cercando di liberarsi. “Lasciatemi andare!”
Ma il conte la gettò sul letto e le fu subito sopra, impedendole di fuggire via.
“Vi ricordo che siete stata voi a sfidarmi”, la canzonò, “Non avrete paura, adesso.”
Angelique gli lanciò uno sguardo furente. Probabilmente fu per orgoglio che rispose: “Paura di voi? State scherzando?”
“Ebbene, ho in mente un altro tipo di battaglia per voi, mademoiselle.”
La voce di lui era roca ed ella fu colta dal panico. Quel terreno le era sconosciuto, non poteva certo pensare di uscirne vittoriosa come in un duello con la spada. Deglutì a fatica mentre il conte aggiungeva: “Dopo tutto l’avete detto voi stessa che non mi tiro mai indietro di fronte a una nuova conquista, non è così?”
Angelique tentò di scalciare ma il peso di lui la schiacciava. Non voleva diventare banchetto delle sue voglie però, al tempo stesso, quell’uomo la attraeva. Si era tolto la giacca e la camicia di lino, gettandole a terra, ed ella si ritrovò ad ammirare la perfezione delle sue spalle da dio greco ed il torace muscoloso. Le piaceva il profumo della sua pelle; un misto di tabacco e acqua di colonia. I capelli di lui erano sfuggiti al nastro di velluto ed ora gli ricadevano in avanti, sfiorandole il viso.
Angelique fu colta da uno strano senso di torpore, al punto che non riusciva più a pensare, né a reagire.
Intanto, tenendola ferma con la mano sinistra, con la destra si era slacciato la cintura dei calzoni. Le sue labbra frementi la baciarono sul collo e nell’incavo fra i seni.
Angelique non aveva mai provato nulla di simile e si arrese definitivamente. Poi il conte si impossessò della sua bocca e la baciò con una tale intensità da lasciarla senza fiato.
“Allora”, le disse con un sorrisino divertito, “Non è più eccitante combattere in questo modo?” Ella non rispose. Si sentiva in balia di sensazioni a lei sconosciute e si limitò a fissare i suoi occhi verdi. Il suo sguardo era indecifrabile; sembrava divertito ma al tempo stesso era come se si sentisse soggiogato da lei.
In quella lotta non si capiva più chi fosse il vinto e chi il vincitore.
Il conte le sollevò la sottogonna. Angelique sentì il suo sesso che premeva lì, in quel punto. Stava cercando di entrare ed un dolore acuto le strappò un lamento.
“Vi faccio male?” Ora sembrava apprensivo nei suoi confronti.
“Per me è la prima volta. Io non ho mai…”
Si interruppe mordendosi un labbro. Si sentiva così sciocca.
Lui la baciò nuovamente sulla bocca, questa volta con estrema dolcezza.
“Cercherò di far piano”, la rassicurò, “Sentirete meno dolore, ve lo prometto.”
Angelique sapeva che non avrebbe dovuto abbandonarsi a lui in quel modo ma tanto cosa aveva da perdere? Che senso aveva mantenere la verginità se non desiderava sposarsi, ma solo portare a termine la sua vendetta? E chi meglio del conte sapeva far provare piacere a una donna al punto da annullare ogni sua difesa? Si rese conto che anche lei lo desiderava.
Egli mantenne la parola; si mosse con gesti lenti e piano piano il dolore fu sostituito da una sensazione piacevole. Angelique chiuse gli occhi, assecondando i suoi movimenti, come d’istinto. Quella notte, fra le braccia del conte disse addio alla sua fanciullezza.

giovedì 4 agosto 2011

Estratto da "Prigioniera del tempo"

Rimase lì seduta a pensare per parecchio tempo e solo quando si rese conto che la sua presenza in quel posto ormai era inutile si decise a scendere attraverso lo stretto passaggio, fino all’uscita.
Aiutata dalla luce della luna, si fece strada in direzione del palazzo di Santa Maria e si intrufolò all’interno. I piedi le facevano male, non essendo abituata a camminare scalza, e si sentiva mezza congelata. Non vedeva l’ora di mettersi sotto le coperte, in attesa del mattino, e stava per salire le scale quando un rumore improvviso la bloccò.
La loggia al piano terra non era rischiarata da nessuna luce, tuttavia riuscì a scorgere delle ombre dietro a una colonna.
Si nascose per non essere vista e cercò di distinguere meglio quelle inquietanti figure. All’improvviso trasalì nel riconoscere il profilo minaccioso di Rodrigo Borgia, ovvero papa Alessandro VI. Persino l’oscurità non poteva nascondere la volgarità dei suoi lineamenti: Il mento sporgente, il prominente naso e le labbra incurvate in un sorriso lascivo.
Solo in quell’istante capì che l’altra ombra apparteneva a una donna. Era una giovane di gran fascino, sebbene non eguagliasse quello di Giulia Farnese, detta la bella.
Gli occhi erano grandi e di una sfumatura fra il grigio e l’azzurro e i capelli, di un biondo ramato chiaro, erano stati acconciati in tanti riccioli che le ricadevano sulla schiena e sulle spalle.
Elisa si avvide che aveva il corpetto dell’abito allentato e che Rodrigo le stava baciando i seni, succhiando i capezzoli con estrema voracità. Lei gemeva piano e lo incitava a continuare.
Elisa arrossì, ma non riusciva a distogliere lo sguardo. Stava chiedendosi chi fosse quella fanciulla quando qualcuno alle sue spalle l’afferrò e le tappò la bocca per impedirle di urlare.
Elisa scalciò terrorizzata ma fu presa di peso e trascinata lontana dalla loggia. Solo a quel punto il suo aggressore parlò: “Shhh, sono io Cristiano. Adesso ti lascio andare ma non gridare, mi raccomando!”
Elisa aveva il cuore che le batteva furiosamente in petto e, non appena lui la liberò dalla sua stretta, si accasciò a terra ancora atterrita dalla paura.
“Ma sei impazzito?” Fece in un sussurro. “Mi hai terrorizzata!”
“Non potevo permetterti di farti scoprire”, spiegò lui dispiaciuto, “Se avessi parlato si sarebbero accorti della nostra presenza. Ma si può sapere perché ti aggiravi per il palazzo come un fantasma? E mezza nuda per di più?”
Elisa sospirò e rispose: “Mi era venuto in mente un modo per tornare nella mia epoca. Ho pensato che ripercorrendo lo stesso percorso fatto per arrivare qui avrei trovato il varco nel tempo e mi sarei ritrovata nel 2009.”
“E non sei riuscita?” si informò curioso Cristiano. In realtà trovava stranamente fastidiosa anche solo l’idea che lei potesse andarsene per sempre da lì.
Elisa scosse la testa in segno di diniego. “No, purtroppo. La botola da cui ero arrivata era chiusa a chiave e non ho idea di chi abbia quella chiave!”
Cristiano trattenne un sospiro di sollievo. Poi Elisa lo fissò intensamente. “Chi era la ragazza con Sua Santità?”
Lui scrollò le spalle. “Oh, quella. Era sua figlia Lucrezia.”
“Chi?” Non riusciva a crederci. Era troppo assurdo. La giovane con cui stava amoreggiando Rodrigo Borgia era la sua stessa figlia? La famosa Lucrezia Borgia? “Non può essere!”
“Eppure è proprio così. Chi è a stretto contatto con la famiglia Borgia, come me, sa perfettamente del rapporto incestuoso che si consuma fra il papa e madonna Lucrezia.”
“Cazzo!”
Cristiano sorrise debolmente. Non aveva perso il vizio di parlare in modo scurrile, nonostante le sue lezioni. Pur tuttavia cominciava a trovarlo divertente. Era un tratto indistinguibile di Elisa e a lui piaceva tutto di lei.
“Capisci perché ti ho impedito di commettere una sciocchezza? Se ti avessero scoperta Sua Santità ti avrebbe fatta imprigionare e forse anche uccidere. Il popolo romano ha una predilezione per Lucrezia. La considerano come la vergine Maria: gentile e pura. Se scoprissero questa relazione illecita fra padre e figlia ci sarebbe un’insurrezione e Alessandro VI non lo vuole di certo.”
Elisa lo fissò attonita. Quella famiglia cominciava a incuterle un serio timore e capì che sarebbe stato meglio per lei ritrovare al più presto la strada di casa.