SCANDALOSI LEGAMI - DODICESIMA PUNTATA
Andrea rabbrividì di piacere.
Diana lo stava facendo impazzire, strofinando le mutandine bagnate contro il
suo sesso. Era quasi una tortura. A un tratto gli slacciò la cintura,
guadagnandosi l’accesso alla zip. Lui si irrigidì. Era talmente teso che non
riusciva neppure a respirare. Sussultò quando lei gli afferrò il pene fra le
esili dita, cominciando ad accarezzarlo in tutta la sua lunghezza, dalla base
alla punta congestionata.
Si lasciò sfuggire un sospiro. Lei lo
stava toccando in modo lieve, stringendolo delicatamente e Andrea era sul punto
di perdere il controllo. – Cristo, Diana…
– Shh… lasciami fare, ti prego.
Sentiva il sudore imperlargli la fronte e
strinse i denti. Poi le afferrò le cosce, insinuando le dita sotto la gonna,
alla ricerca delle mutandine. Voleva, no… doveva
assolutamente sentirla. Sfiorare la carne calda e umida che aveva fra le
gambe. Era una necessità, come respirare. Finalmente trovò l’elastico degli
slip e lo tirò, strappandolo. – Adoro il tuo sesso bagnato – disse in un
rantolo, strofinando il pollice contro la sua fessura. – Vorrei avere il tempo
necessario per aprirti e leccarti, fino a farti urlare di piacere.
Diana gemette contro il suo orecchio. –
Oh, cielo! Andrea, ti prego… non posso più aspettare.
Spinse il pollice dentro di lei,
eccitandola. Desiderava farle perdere la ragione, allo stesso modo in cui lei
la stava facendo perdere a lui.
– Hai dei preservativi? – La voce roca di
Diana lo riportò alla realtà.
– Cazzo, sì.
Frugò freneticamente nella tasca dei
calzoni, tirando fuori una confezione di plastica che strappò coi denti. – Non
esco mai senza.
Lei fece un sorrisino malizioso. – Già,
immagino.
Andrea si infilò la protezione, senza
staccare gli occhi dai suoi. Non c’era niente di più erotico dello sguardo
fisso sulla propria donna, nell’istante prima del possesso. Anche Diana non gli
toglieva gli occhi di dosso, pareva ammirare il suo uccello duro e gonfio,
pregustando il momento in cui l’avrebbe avuto dentro di sé. Be’, non l’avrebbe
fatta aspettare a lungo.
All’improvviso
l’afferrò per i fianchi e la penetrò, sentendosi avvolgere dalla sua guaina
stretta e bollente. Quello era il Paradiso, non aveva dubbi. Ansimò forte
mentre Diana cominciava a muoversi, sollevandosi sulle ginocchia e riaffondando
dentro di lui. Aveva il volto arrossato dal piacere, la testa reclinata di lato
e lunghi riccioli bruni che le erano sfuggiti all’acconciatura e ora le
ricadevano sulle spalle. Non era mai stata più bella.
Mentre continuava a cavalcarlo con una
forza disperata, Andrea le infilò le mani sotto alla maglia, slacciandole il
reggiseno e accarezzandole i seni. Le punte dei capezzoli si ersero come
sassolini e lui le stuzzicò coi pollici, strappando a Diana altri gemiti e
sospiri.
Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare da
quelle meravigliose sensazioni. Sentiva di essere sul punto di perdere
l’equilibrio costruito durante tutti quegli anni. Era come se Diana avesse
toccato un nervo scoperto e ora si ritrovasse lì, vulnerabile e inerme, di
fronte a quella donna che gli stava facendo provare tutto quel piacere, senza
chiedere niente in cambio. Non era abituato a rapporti di quel genere. Le sue
amanti erano solite farsi ricompensare con regali costosi: viaggi, gioielli e
abiti di lusso. Diana non gli aveva chiesto nulla, eppure gli si stava donando
con una foga e un trasporto inusuali, lasciandolo annichilito e senza fiato.
– Dio, sei così stretta… – mormorò,
ansimando in preda a una dolce agonia. A sua volta, lei fece un sospiro, lasciandosi
penetrare ancora più in profondità. Aveva lo sguardo offuscato dal piacere e
Andrea non si sarebbe mai stancato di guardarla. Si rese conto di essere sul
punto di venire, quando lei fu scossa da un tremito. Era così bagnata e
scivolosa che il suo uccello entrava e usciva da lei con agilità. I muscoli
interni della sua fica si contrassero, risucchiandolo dentro, e a quel punto
Andrea esplose. Si aggrappò a lei, in un grido muto; il petto che si alzava e
abbassava in respiri frenetici. Il sudore gli imperlava il labbro superiore
quando infine si abbandonò, completamente distrutto, contro Diana.
Si sentiva svuotato. E non era mai stato
meglio in vita sua.
* * *
Andrea parcheggiò l’auto e
percorse il vialetto d’accesso al complesso residenziale, situato sulle alture
di Cavoretto. Si infilò nell’ascensore e premette il pulsante, la mente assorta
nelle proprie riflessioni. Scostò il polsino della giacca sgualcita e guardò il
Rolex d’oro che portava al polso. Forse aveva un po’ di tempo per farsi una
doccia, prima di cena.
L’idea di lavarsi via l’odore di Diana che
gli si era appiccicato addosso non gli piacque neanche un po’. In genere non
vedeva l’ora di liberarsi dell’amante di turno e non aveva mai avuto pensieri
di quel genere. Ma quella volta era diverso.
L’ascensore
si fermò all’ultimo piano con uno scossone e Andrea scese, infilando una mano
nella tasca dei calzoni, alla ricerca delle chiavi. Aprì la porta e tutti i
suoi progetti di una serata all’insegna del relax si infransero non appena il
suo sguardo cadde su Viola, seduta sul divano del soggiorno. Indossava una
gonna inguinale e una maglia talmente scollata che le si vedeva l’ombelico. Per
non parlare della faccia imbellettata come quella di un pagliaccio.
Si arrestò di colpo. – Come cazzo ti sei
combinata?
Di
solito evitava le imprecazioni di fronte a sua figlia, ma stavolta non era
proprio riuscito a frenarsi in tempo. Le lanciò un’occhiata incendiaria mentre
le si avvicinava, cauto. Viola roteò gli occhi e sbuffò, in quella maniera
irritante, tipica degli adolescenti.
– Mi sono messa la gonna. Cosa diavolo c’è
di male?
Andrea si trattenne dal prenderla a
schiaffi. Detestava quando Viola gli mancava di rispetto. Inarcò un
sopracciglio. – Ti sei messa la gonna? Ah, allora indossi qualcosa, perché
così, a prima vista, sembri completamente nuda.
Lei scattò in piedi, lo sguardo bellicoso.
– Che esagerato! E poi da che pulpito viene la predica. Le tipe con cui sei solito
uscire tu sono decisamente più scosciate di me.
Andrea si morse la lingua. Piccola
insolente! – Le tipe con cui sono solito uscire io non sono affar tuo. E per
inciso, si tratta di donne adulte, non di ragazzine.
Viola alzò il mento, gli occhi che si
stringevano fino a diventare due fessure. – Io non sono una ragazzina. Ho
diciotto anni, nel caso tu l’abbia scordato. Sono maggiorenne e pertanto posso
vestirmi come più mi piace.
– Stammi bene a sentire, ragazzina: non
usare questo tono con me. Sono tuo padre e mi devi rispetto.
– E allora tu smetti di trattarmi come una
poppante.
Viola lo fissò, una rabbia accecante negli
occhi chiari. Ma prima che potesse risponderle a tono, si lanciò lungo il
corridoio, singhiozzando. Andrea sentì sbattere la porta della sua stanza e
trattenne un’imprecazione.
Perché diamine era così difficile fare il
padre? Avrebbe avuto bisogno di un manuale d’istruzioni, da tirare fuori in
situazioni come quella. Percorse l’intero soggiorno a grandi falcate e afferrò
il cordless situato su un mobile in mogano. Compose il numero velocemente,
lasciando trasparire tutta la sua frustrazione. Diana rispose dopo un po’, il
tono di voce spazientito. – Pronto? Chi parla?
Andrea trattenne un sorriso. Ancora non
aveva memorizzato il suo numero?
– Sono io, Andrea. Ti disturbo?
Dall’altra parte sentì un sospiro. –
Andrea, te lo chiedo per favore: lasciami in pace!
Per essere la stessa donna che aveva avuto
un orgasmo multiplo nella sua auto, solo poche ore prima, la sua risposta gli
parve un po’ fredda. E fredda era un
eufemismo.
– Ho bisogno del tuo aiuto. Si tratta di
Viola.
– La devi smettere di usare Viola come
scusa per infilarti nel mio letto.
Alla faccia della sincerità! Andrea si
grattò la punta del naso. – Tecnicamente non eravamo in un letto e mi sembra
che tu ne abbia goduto tanto quanto me. O sbaglio?
– Andrea, non è questo il punto. Sono
stata benissimo con te, è vero. Ma questa storia deve finire. Adesso.
Avrebbe voluto prendere a calci il muro. O
mettere le mani addosso a qualcuno. Invece, si limitò a inspirare ed espirare,
piano. – D’accordo. Non ho intenzione di litigare con te, ora. Ma, ti prego…
dammi una mano con Viola perché sto impazzendo.
– Che è successo?
In quello stesso istante Andrea sentì i
passi di sua figlia nel corridoio, poi la porta di casa venne aperta e richiusa
con un tonfo sordo. Viola era uscita senza neppure salutarlo. Di bene in
meglio. Si rimangiò l’ennesima imprecazione e rispose: – Vieni da me e te lo
spiego.
Etichette: erotico, New Adult, Romanzi a puntate
1 Commenti:
Accidenti che capitolo !!!!!!!!
Molto molto bollente, comunque Diana mi piace tantissimo perchè sembra una timidina ma si rivela una donna tosta. Brava Laura non vedo l'ora che arrivi sabato per leggere il seguito.
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