giovedì 19 febbraio 2015

PAURA D'AMARE (Racconto breve)

Carissime lettrici,
da oggi con appuntamento settimanale posterò racconti inediti e romanzi a puntate. Un'iniziativa per farmi conoscere attraverso le mie storie e i miei personaggi che spero vi sia gradita.
Cominciamo con un racconto breve, un rosa crime che ha per protagonista una donna poliziotto.
Buona lettura!

PAURA D’AMARE


New York, 14 febbraio 2013, ore 20:00

Il tenente Samantha Reed si inginocchiò davanti al corpo senza vita, riverso sul pavimento. Si trattava di un uomo sulla cinquantina, coi capelli corti e brizzolati. Gli occhi, sbarrati, di un colore a metà fra il grigio e l’azzurro. Era immerso in un lago di sangue.
   Sollevò lo sguardo fino a incontrare quello dell’agente Morrison, in piedi accanto a lei.
   – Chi è la vittima?
   – Un imprenditore. Il suo nome è William Cox. Sposato, senza figli. Fedina penale pulita.
   Samantha annuì e, dopo essersi rialzata, si guardò attorno. L’appartamento era piuttosto piccolo, ma dotato di tutte le comodità. Tappeti Aubusson, pavimenti di marmo, un grande letto a baldacchino con lenzuola di raso: evidentemente la vittima amava le antichità ed era schifosamente ricca.
   – In che modo è stata uccisa?
   Morrison si infilò la mano in tasca e tirò fuori un sacchetto di plastica. – Arma da fuoco: una glock 36. Un bel gioiellino.
   – Mmm, falla avere alla Scientifica. Voglio che controllino se ci sono delle impronte.
   Morrison sospirò e si infilò di nuovo il sacchetto in tasca. – Brutto giorno per un omicidio, vero, tenente? Mia moglie chiederà la mia testa quando la informerò che rientrerò tardi, stanotte. Voleva festeggiare con una cenetta romantica. Ha persino mandato i bambini a dormire dai nonni.
   Samantha sogghignò. Morrison era un omone alto un metro e novanta e metteva quasi paura, a guardarlo. Però era un pezzo di pane. A casa sua era senz’altro la moglie a portare i pantaloni.
   – A chi lo dici. Aspetta che avvisi Alex dello straordinario di stasera… non sarà affatto contento.
   Alex Mitchell era il suo fidanzato da tre mesi. Un vero record per lei, che non portava mai avanti una relazione per più di una settimana.
   Come se si fosse ricordata solo in quel momento del suo appuntamento di quella sera, Samantha prese il cellulare e compose in fretta il numero del fidanzato.
   Alex rispose al terzo squillo. – Sam, dove sei? – la sua voce, dal tono fermo, sembrava vagamente preoccupata.
   – C’è stato un omicidio. Sono sul luogo del delitto, fra la nona e la ventunesima strada. Mi spiace, ma dovremo rimandare la cena di stasera.
   – Come? Ma è San Valentino!
   – Vallo a dire all’assassino. Forse se ne sarà dimenticato.
   Il suo sarcasmo lo irritò. Samantha lo intuì dal silenzio che seguì. Ma lei cosa poteva farci? Era un poliziotto, Cristo, e per i poliziotti non esistevano Natale, Pasqua o San Valentino, che lei, tra l’altro, considerava una festa assai sopravvalutata. C’era bisogno di un giorno particolare per celebrare l’amore? Lei odiava le sdolcinatezze e Alex lo sapeva.
   Lui probabilmente contò fino a dieci prima di risponderle. – Non parlarmi con quel tono, Sam. Sai che non lo sopporto. Non mi importa quanto farai tardi, ma voglio che tu mi raggiunga quando avrai finito.
   – D’accordo. Ci proverò.
   – Ah, Sam…?
   – Dimmi.
   – Ti amo.
   Lei trattenne il fiato. Ancora non riusciva a confessargli i suoi sentimenti, forse perché non aveva capito esattamente cosa la unisse a lui. Alex era un uomo affascinante, enigmatico, ed era incredibilmente bravo a letto. Tuttavia lei non era fatta per le storie d’amore.
   Sospirò. – Sarò da te al più presto – disse, sbrigativa. Poi riattaccò e si rivolse a Morrison. 
   – C’è dell’altro?
   – Sì. Abbiamo trovato questo, accanto alla vittima.
   Morrison consegnò a Samantha un altro sacchettino di plastica. Lei lo prese e ne esaminò il contenuto.
   – Un orecchino di perla. Fa esaminare anche questo. Voglio i risultati sulla mia scrivania, domani mattina.
   Morrison ridacchiò. – I ragazzi della Scientifica non saranno contenti.
   Samantha non commentò. Girò i tacchi e lasciò la stanza. Aveva ancora un mucchio di lavoro da sbrigare, in centrale. Non intendeva perdere tempo.




Mezzanotte era passata da un pezzo quando il tenente Reed raggiunse l’elegante dimora di Alexander Mitchell. La settimana prima lui le aveva dato le chiavi, affinché potesse entrare e uscire a suo piacimento. Bene, almeno non avrebbe svegliato l’intera servitù.
   Mentre si introduceva all’interno della villa sospirò. I Mitchell erano una delle più importanti famiglie di New York. Il padre di Alex era un senatore molto stimato e sua madre un’ereditiera. Questo avrebbe dovuto dissuaderla dall’avere una relazione con lui: erano troppo diversi.
   Lei era cresciuta nei bassifondi della città e aveva dovuto lottare per avere il posto che occupava nella polizia. Alex invece aveva sempre avuto la strada spianata: finito il college, aveva frequentato una delle università più prestigiose e, in seguito, aveva fondato una sua società. Possedeva più soldi di quanto lei stessa potesse immaginare.
   Chiedendosi per l’ennesima volta perché si trovava lì, si diresse verso l’immensa sala da pranzo. Probabilmente lui aveva già cenato, ma aveva visto la luce filtrare attraverso la porta. Di sicuro la stava ancora aspettando.
   Imprecando mentalmente aprì la porta e lo vide. Era seduto a tavola con un bicchiere di brandy in mano.
   – Suppongo di essere arrivata un po’ tardi per la cena – disse, entrando. Lui sollevò uno sguardo pigro su di lei e il suo cuore perse un battito. Dio, era sfacciatamente bello.
   Alex posò il bicchiere e si alzò per andarle incontro. – Ho ordinato una cena fredda. Quindi, no. Non sei in ritardo.
   Lei non riuscì a staccargli gli occhi di dosso. Alto e con le spalle ampie, il suo fidanzato indossava un paio di jeans scoloriti che mettevano in risalto le sue cosce muscolose. Oltre ai jeans, portava una semplice maglietta di cotone, nera. Era terribilmente sexy.
   – Alex – mormorò, quando lui fu così vicino da poter sentire il suo fiato sul collo.
   Gli occhi blu di Alex incatenarono i suoi. – Mi sei mancata, Sam.
   Lei sdrammatizzò: – Be’, non ci vediamo solo da ieri sera.
   – Sai cosa intendo dire.
   Le mani di Alex scivolarono sulle sue spalle. Ne avvertì la pressione sulla pelle e un brivido caldo le serpeggiò nelle vene. Com’era possibile che lui le facesse ogni volta quell’effetto? Era come una droga.
   – Baciami – gli disse, senza poter più aspettare. Voleva sentire il suo corpo solido contro il proprio e dimenticare le ore trascorse in centrale, a esaminare file e compilare moduli. Purtroppo c’era ancora troppa burocrazia.
   Alex sorrise. Un sorriso lento e seducente. – Ho l’impressione che anche tu abbia sentito la mia mancanza. Fai tanto la dura, ma…
   – Oh, stai zitto e baciami!
   Lui non se lo fece ripetere. Le catturò le labbra, invadendole la bocca con la lingua. Alex sapeva come baciare una donna. Il suo sapore la inebriò, mentre un intenso desiderio si impossessava delle sue facoltà mentali. Gli era mancato davvero e quella consapevolezza la sorprese. Fino a quel momento non aveva mai avuto bisogno di nessuno: lei era un cuore solitario. Ma Alex stava vincendo tutte le sue difese, lasciandola in balia di un sentimento di cui aveva una paura folle: l’amore.
   Fu con fatica che si staccò da lui. – Andiamo di sopra.
   Lui ridacchiò. – Sono molto tentato, ma non abbiamo ancora cenato. Sarai affamata.
   – Sì, ma non di cibo.
   Samantha insinuò una mano sotto la sua maglietta, accarezzandogli il petto. La sua pelle era bollente. Era eccitato, proprio come lei.
   – Coraggio: hai appena detto di aver fatto preparare una cena fredda. Quindi non si rovinerà, se prima saliamo di sopra a divertirci un po’.
   Gli mordicchiò il lobo di un orecchio, strappandogli un gemito. Quello che le ci voleva era un po’ di sesso. Sesso selvaggio, per allontanare lo stress di una giornata di lavoro. In fondo era San Valentino, no? A cosa serviva la festa degli innamorati, se non a fare sesso?
   – Sei una strega, lo sai? – fece lui, prendendola per mano. – Dannazione, mi hai convinto.



Salirono le scale a due a due e, quando furono nella camera di Alex, lui chiuse la porta con un calcio. Intanto, Samantha si era liberata delle scarpe e del pullover di lana. Sotto indossava un reggiseno nero di pizzo, che aveva comprato apposta per quell’occasione. La faceva sentire sexy.
Quando ebbe lasciato cadere anche la gonna di jeans, cercò Alex con lo sguardo.
   Lui si era andato a sedere sul letto, la schiena appoggiata ai cuscini e le braccia incrociate sul petto, come in attesa.
   Corrugò la fronte – Be’, tu non ti spogli?
   Un sorriso pigro gli incurvò le labbra – Volevo godermi lo spettacolo. Dai, vieni qui.
   Samantha non se lo fece ripetere e lo raggiunse, inginocchiandosi sul materasso di fronte a lui. Indossava ancora il reggiseno, gli slip e le calze autoreggenti nere.
   Lui le fece segno col dito di avvicinarsi di più, senza staccare gli occhi dai suoi.
   Samantha si sentiva il cuore in gola. Solo lui le faceva quell’effetto: le gambe divennero di gelatina, mentre le guance si arrossavano. Solo con un tremendo sforzo di volontà riuscì a mettersi a cavalcioni su di lui.
   – E ora che mi hai qui, cosa hai intenzione di fare? – chiese, in un sussurro.
   Alex inclinò la testa, avvicinando le labbra al suo seno. Si fermò solo quando furono talmente vicine a un capezzolo, da poterlo sfiorare.
   – Questo – rispose, con voce roca.
   La tensione sessuale era a mille. Samantha avrebbe voluto gridare, quando infine la bocca di Alex calò su di lei succhiando il capezzolo, attraverso il pizzo del reggiseno. Cielo, avrebbe potuto farla venire solo così. Chiuse gli occhi, mentre lui si dedicava all’altro capezzolo.
   – Carino il tuo reggiseno – le disse Alex, staccandosi. – Ora toglilo.
   Samantha era così accaldata da sentirsi impacciata nei movimenti, come una ragazzina inesperta. Come diavolo faceva a ridurla in quello stato, ogni volta? Con mani tremanti slacciò il reggiseno e lo lanciò lontano. La corrente d’aria fredda che percepì sui capezzoli, bagnati della sua saliva, li fece diventare duri come sassolini. Quando Alex ne strinse uno, tra il pollice e l’indice, Samantha sentì come una scossa elettrica che si irradiò dal suo seno fino alle mutandine.
   Era terribilmente eccitata.
   – Alex, ti voglio. Adesso.
   Si protese verso di lui per togliergli la maglietta. Voleva… no, doveva sentire la sua pelle calda, sotto le mani. Gli accarezzò i pettorali scolpiti, fino ad arrivare alla cerniera dei Jeans.
   Lui rise. Una risata roca, gutturale e tremendamente sexy.
   – Siamo impazienti, Sam?
   Lei liberò la sua erezione dai jeans e, mentre l’accarezzava lentamente, su e giù, lo vide abbassare le palpebre e sospirare.
   – Adesso chi è impaziente, Alex? – il suo sguardo era vittorioso. – Vuoi che smetta?
   – Sei una dannata strega!
   Ridendo, Samantha si tolse le mutandine e, aiutandosi con la mano, introdusse il membro palpitante di Alex dentro di lei. Le parole non avrebbero potuto descrivere il piacere che provò in quel momento, sentendosi un tutt’uno con lui. Incatenò gli occhi ai suoi e continuarono a guardarsi, mentre si muoveva piano, su di lui. Quello non era solo sesso. Era qualcosa di più. Qualcosa che non riusciva a spiegare nemmeno a se stessa.



Dopo l’amplesso, mentre giaceva rilassata fra le braccia di Alex, Samantha cominciò a sentirsi inquieta. Lanciò un’occhiata alla sveglia digitale, posata sul comodino. – Si è fatto tardi, forse dovrei andare.
   Lui strofinò il naso contro il suo collo. – Mmm, perché non ti fermi a dormire?
   Samantha si irrigidì. Non si sentiva pronta per quello. Aveva bisogno dei suoi spazi e non le andava di condividerli, nemmeno con un uomo dal fascino magnetico come Alex.
   – Devo alzarmi presto domani mattina e non riuscirei a dormire con te accanto – una risatina la scosse. – Ti ho già detto che sei un vero stallone?
   – No, ma lo prendo come un complimento. Davvero, Sam: dovresti fermarti a dormire. Sei stanca e non hai nemmeno cenato. Prometto che farò il bravo e ti lascerò riposare.
   Lei si mise a sedere, passandosi una mano fra i capelli corti. Li teneva così perché erano più comodi e, per fortuna, ad Alex non dispiaceva. Sosteneva che i suoi capelli corti, sempre spettinati, fossero dannatamente sexy.
   – Mi piacerebbe. Sul serio. Ma domani avrò una giornata pesante. Ci sono varie persone da interrogare e…
   – Sam?
   – Sì?
   – Non insultare la mia intelligenza. Queste sono scuse. Per quale motivo dormire nel mio letto ti getta nel panico in questo modo?
   Lei si morse il labbro, scendendo dal letto e cominciando a raccogliere i propri indumenti, sparsi sul pavimento.
   – Alex, per favore, dammi tempo.
   Una risata stizzita la colse di sorpresa. Era irritato. Forse più che irritato e se l’era andata a cercare, solo che… non poteva e basta.
   Gli lanciò un’occhiata in tralice, mentre si rivestiva in fretta. – Ti chiamo domani.
   – Sam, non farmi sentire come un dannato idiota. Non mi piace essere usato solo per il sesso.
   Lei ridacchiò. Era nervosa e, quando si innervosiva, finiva sempre per peggiorare le cose. Gli si avvicinò per posargli un bacio lieve sulle labbra. – Credevo che a voi maschietti piacesse fare sesso, senza impegni.
   Alex le afferrò il polso, stringendolo in una morsa. – Se cercassi solo una facile scopata, non avrei bisogno di te, tenente Reed. Ci sono centinaia di donne disposte a venire a letto con me.
   – Non ne dubito. Ma ti eccitano allo stesso modo?
   Il lampo d’odio che lesse nei suoi occhi blu notte le fece capire di avere esagerato, ma era troppo tardi per rimangiarsi quelle parole stupide.
   – Buona notte, Alex – disse, infilandosi le scarpe e avviandosi verso la porta.
   Lui non le rispose.



Samantha trascorse l’intera notte a esaminare le foto scattate sul luogo del delitto. Qualsiasi cosa era meglio dei cupi pensieri che l’avevano assalita dopo aver lasciato la casa di Alex.
   Quando iniziò gli interrogatori, la mattina seguente, aveva un forte mal di testa e una fame da lupi. Neppure il caffè della centrale riuscì a darle sollievo.
   Ascoltò con impazienza le lacrime della vedova dall’aria inconsolabile. Eppure, dalle informazioni che aveva raccolto, i due coniugi erano sul punto di divorziare. Considerato il fatto che lui si scopava un'altra, le suonava un po’ strana tutta quella disperazione.
   – È stata quella donna! – gridò, prima di soffiarsi il naso. Non ci fu bisogno di chiederle a chi si riferisse.
   – Cosa glielo fa pensare? La loro relazione procedeva a gonfie vele. Perché mai avrebbe dovuto assassinare il suo ex marito?
   – Lui non era il mio ex marito! D’accordo, c’erano stati dei dissapori fra noi, ma avevamo intenzione di tornare insieme. Lui era andato da lei per dirglielo.
   Samantha registrò quell’informazione e si voltò verso l’agente Morrison. – Metti a verbale.
   – Sì, tenente.
   Riportò l’attenzione sulla vedova. Era una donna elegante, con capelli biondi, striati d’argento. Al collo portava una collana di perle. Aggrottò la fronte. – Bella collana – disse con noncuranza.
   – Come, prego?
   Samantha indicò il gioiello. – Adoro le perle. Quella collana sarebbe perfetta insieme a un paio di orecchini della stessa fattura.
   Il viso della donna si rabbuiò. Nervosismo? No, sembrava piuttosto imbarazzata.
   – È un regalo del mio ex amante. Probabilmente avrei dovuto restituirgliela l’altra sera, quando abbiamo rotto, insieme agli orecchini che mi ha portato. Erano fatti con lo stesso tipo di perle. Mi disse che erano perfetti abbinati alla collana.
   Un sospiro. – Quella sera gli ho raccontato di Will. Del fatto che pensavamo di tornare insieme. Non volevo farlo soffrire, io…
   La vedova riprese a piangere, stringendo il fazzoletto convulsamente fra le mani. Non sembrava mentire. Il suo dolore era autentico.
   – Può dirmi il nome del suo amante, Mrs Cox?
   Lei sollevò lo sguardo, quasi non avesse capito bene la domanda. – Il suo nome? – un altro sospiro. – Avevo una relazione con George Hunter, il migliore amico di Will. Credevo che lo sapesse. Non l’ha già interrogato?
   Samantha annuì, gettando un’occhiata di intesa all’agente Morrison. – Sì, è stato il primo a essere interrogato. Ma non ha fatto alcun accenno alla vostra relazione.
   La vedova scrollò le spalle. – George è una persona molto riservata.
   – Non ho dubbi in proposito.
   Talmente riservata da aver omesso un particolare fondamentale nelle indagini. Lui e la moglie della vittima se la spassavano alla grande, finché lei non ha troncato la relazione per tornare fra le braccia del marito. A quel punto, roso dalla rabbia, Mr Hunter ha raggiunto l’amico nel suo appartamento da scapolo e gli ha sparato al cuore. Probabilmente ha lasciato cadere l’orecchino per depistaggio, inducendo la polizia a sospettare di una donna.
   – Una mossa molto astuta – fece Morrison, intuendo i suoi pensieri.
   Lei sorrise. – Può andare, Mrs Cox. Ci è stata di grande aiuto.
   Samantha osservò la donna allontanarsi con la fronte corrugata. Un attimo dopo, il collega della scientifica fece capolino dalla porta.
   – Hai i risultati?
   – Sì, tenente. Non ci crederà mai…
   – Ci sono le impronte di Mr Hunter?
   – Come fa a saperlo? – La sua espressione stupita era quasi comica. E così Hunter non si era neppure preoccupato di indossare un paio di guanti o di eliminare le impronte. Spesso chi commetteva omicidi passionali faceva errori pateticamente stupidi.
   Senza rispondere, Samantha si alzò dalla sua sedia e si avviò verso l’uscita. Stava per lasciare la centrale quando si trovò di fronte Alex, l’espressione leggermente accigliata.
   Il cuore accelerò i battiti. – Cosa ci fai qui? – fece in un sussurro.
   – Non volevo venire, ma non ce la faccio a starti lontano. Sam, se fra noi è finita voglio che tu me lo dica chiaramente. Sto impazzendo senza di te.
   Samantha accorciò la distanza fra loro, senza staccare un attimo gli occhi dai suoi. – Grazie per essere venuto. Sono una perfetta idiota, non è vero? Stavo per rovinare tutto perché non avevo il coraggio di dirti quanto ti amo.
   Lui trasalì. – Cosa hai detto? Ripetilo.
   Lei rise. – Ho detto che ti amo, Alex Mitchell.
   In un attimo si ritrovò avvinghiata a lui, le labbra premute contro le sue. Quando si staccarono aveva il cuore in gola. – Ora devo andare – fece, riluttante. – Ti raggiungo stasera. Se non sbaglio, ti sono debitrice di una cena.
   Alex appoggiò la fronte alla sua. – Perché stasera e non ora? Al diavolo la cena, ho voglia di te. Ti voglio nuda, nel mio letto.
   Samantha rise più forte. – Sono decisamente tentata, ma non posso. Ho un assassino da arrestare.



FINE

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2 Commenti:

Blogger Eva P. ha detto...

Molto molto bello!
Complimenti Laura, ti seguo già da un po' (ad esempio con i racconti sul blog La Mia Biblioteca Romantica), e devo dire che ogni cosa tua mi piace più della precedente... Questo tuo racconto mi ha entusiasmato e affascinato (Richard Armitage come volto per il protagonista è perfetto!), e spero che ci regalerai ancora altre storie come questa. Tornerò spesso a trovarti sul tuo blog!
Se tu hai voglia, potresti passare dal mio (evapalumbo.blogspot.it) e lasciare un commento sulle cosette che scrivo io... un tuo parere, considerando la tua bravura ed esperienza, è assolutamente gradito!
Eva P.

24 febbraio 2015 alle ore 11:04  
Blogger Laura Gay ha detto...

Grazie per aver lasciato un commento! Verrò senz'altro a leggerti. :-*

24 febbraio 2015 alle ore 11:40  

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