PAURA D'AMARE (Racconto breve)
Carissime lettrici,
da oggi con appuntamento settimanale posterò racconti inediti e romanzi a puntate. Un'iniziativa per farmi conoscere attraverso le mie storie e i miei personaggi che spero vi sia gradita.
Cominciamo con un racconto breve, un rosa crime che ha per protagonista una donna poliziotto.
Buona lettura!
da oggi con appuntamento settimanale posterò racconti inediti e romanzi a puntate. Un'iniziativa per farmi conoscere attraverso le mie storie e i miei personaggi che spero vi sia gradita.
Cominciamo con un racconto breve, un rosa crime che ha per protagonista una donna poliziotto.
Buona lettura!
PAURA D’AMARE
New York, 14 febbraio 2013, ore 20:00
Il tenente Samantha Reed si inginocchiò
davanti al corpo senza vita, riverso sul pavimento. Si trattava di un uomo
sulla cinquantina, coi capelli corti e brizzolati. Gli occhi, sbarrati, di un
colore a metà fra il grigio e l’azzurro. Era immerso in un lago di sangue.
Sollevò lo sguardo fino a incontrare quello dell’agente Morrison, in
piedi accanto a lei.
– Chi è la vittima?
– Un imprenditore. Il suo nome è William Cox. Sposato, senza figli. Fedina
penale pulita.
Samantha annuì e, dopo essersi rialzata, si guardò attorno.
L’appartamento era piuttosto piccolo, ma dotato di tutte le comodità. Tappeti
Aubusson, pavimenti di marmo, un grande letto a baldacchino con lenzuola di
raso: evidentemente la vittima amava le antichità ed era schifosamente ricca.
– In che modo è stata uccisa?
Morrison si infilò la mano in tasca e tirò fuori un sacchetto di
plastica. – Arma da fuoco: una glock 36. Un bel gioiellino.
– Mmm, falla avere alla Scientifica. Voglio che controllino se ci sono
delle impronte.
Morrison sospirò e si infilò di nuovo il sacchetto in tasca. – Brutto
giorno per un omicidio, vero, tenente? Mia moglie chiederà la mia testa quando
la informerò che rientrerò tardi, stanotte. Voleva festeggiare con una cenetta
romantica. Ha persino mandato i bambini a dormire dai nonni.
Samantha sogghignò. Morrison era un omone alto un metro e novanta e
metteva quasi paura, a guardarlo. Però era un pezzo di pane. A casa sua era
senz’altro la moglie a portare i pantaloni.
– A chi lo dici. Aspetta che avvisi Alex dello straordinario di stasera…
non sarà affatto contento.
Alex Mitchell era il suo fidanzato da tre mesi. Un vero record per lei,
che non portava mai avanti una relazione per più di una settimana.
Come se si fosse ricordata solo in quel momento del suo appuntamento di
quella sera, Samantha prese il cellulare e compose in fretta il numero del
fidanzato.
Alex rispose al terzo squillo. – Sam, dove sei? – la sua voce, dal tono
fermo, sembrava vagamente preoccupata.
– C’è stato un omicidio. Sono sul luogo del delitto, fra la nona e la
ventunesima strada. Mi spiace, ma dovremo rimandare la cena di stasera.
– Come? Ma è San Valentino!
– Vallo a dire all’assassino. Forse se ne sarà dimenticato.
Il suo sarcasmo lo irritò. Samantha lo intuì dal silenzio che seguì. Ma
lei cosa poteva farci? Era un poliziotto, Cristo, e per i poliziotti non
esistevano Natale, Pasqua o San Valentino, che lei, tra l’altro, considerava
una festa assai sopravvalutata. C’era bisogno di un giorno particolare per
celebrare l’amore? Lei odiava le sdolcinatezze e Alex lo sapeva.
Lui probabilmente contò fino a dieci prima di risponderle. – Non
parlarmi con quel tono, Sam. Sai che non lo sopporto. Non mi importa quanto
farai tardi, ma voglio che tu mi raggiunga quando avrai finito.
– D’accordo. Ci proverò.
– Ah, Sam…?
– Dimmi.
– Ti amo.
Lei trattenne il fiato. Ancora non riusciva a confessargli i suoi
sentimenti, forse perché non aveva capito esattamente cosa la unisse a lui.
Alex era un uomo affascinante, enigmatico, ed era incredibilmente bravo a
letto. Tuttavia lei non era fatta per le storie d’amore.
Sospirò. – Sarò da te al più presto – disse, sbrigativa. Poi riattaccò e
si rivolse a Morrison.
– C’è dell’altro?
– Sì. Abbiamo trovato questo, accanto alla vittima.
Morrison consegnò a Samantha un altro sacchettino di plastica. Lei lo
prese e ne esaminò il contenuto.
– Un orecchino di perla. Fa esaminare anche questo. Voglio i risultati
sulla mia scrivania, domani mattina.
Morrison ridacchiò. – I ragazzi della Scientifica non saranno contenti.
Samantha non commentò. Girò i tacchi e lasciò la stanza. Aveva ancora un
mucchio di lavoro da sbrigare, in centrale. Non intendeva perdere tempo.
Mezzanotte era passata da un pezzo
quando il tenente Reed raggiunse l’elegante dimora di Alexander Mitchell. La
settimana prima lui le aveva dato le chiavi, affinché potesse entrare e uscire
a suo piacimento. Bene, almeno non avrebbe svegliato l’intera servitù.
Mentre si introduceva all’interno della villa sospirò. I Mitchell erano
una delle più importanti famiglie di New York. Il padre di Alex era un senatore
molto stimato e sua madre un’ereditiera. Questo avrebbe dovuto dissuaderla
dall’avere una relazione con lui: erano troppo diversi.
Lei era cresciuta nei bassifondi della città e aveva dovuto lottare per
avere il posto che occupava nella polizia. Alex invece aveva sempre avuto la
strada spianata: finito il college, aveva frequentato una delle università più
prestigiose e, in seguito, aveva fondato una sua società. Possedeva più soldi
di quanto lei stessa potesse immaginare.
Chiedendosi per l’ennesima volta perché si trovava lì, si diresse verso
l’immensa sala da pranzo. Probabilmente lui aveva già cenato, ma aveva visto la
luce filtrare attraverso la porta. Di sicuro la stava ancora aspettando.
Imprecando mentalmente aprì la porta e lo vide. Era seduto a tavola con
un bicchiere di brandy in mano.
– Suppongo di essere arrivata un po’ tardi per la cena – disse,
entrando. Lui sollevò uno sguardo pigro su di lei e il suo cuore perse un
battito. Dio, era sfacciatamente bello.
Alex posò il bicchiere e si alzò per andarle incontro. – Ho ordinato una
cena fredda. Quindi, no. Non sei in ritardo.
Lei non riuscì a staccargli gli occhi di dosso. Alto e con le spalle
ampie, il suo fidanzato indossava un paio di jeans scoloriti che mettevano in
risalto le sue cosce muscolose. Oltre ai jeans, portava una semplice maglietta
di cotone, nera. Era terribilmente sexy.
– Alex – mormorò, quando lui fu così vicino da poter sentire il suo
fiato sul collo.
Gli occhi blu di Alex incatenarono i suoi. – Mi sei mancata, Sam.
Lei sdrammatizzò: – Be’, non ci vediamo solo da ieri sera.
– Sai cosa intendo dire.
Le mani di Alex scivolarono sulle sue spalle. Ne avvertì la pressione
sulla pelle e un brivido caldo le serpeggiò nelle vene. Com’era possibile che
lui le facesse ogni volta quell’effetto? Era come una droga.
– Baciami – gli disse, senza poter più aspettare. Voleva sentire il suo
corpo solido contro il proprio e dimenticare le ore trascorse in centrale, a
esaminare file e compilare moduli. Purtroppo c’era ancora troppa burocrazia.
Alex sorrise. Un sorriso lento e seducente. – Ho l’impressione che anche
tu abbia sentito la mia mancanza. Fai tanto la dura, ma…
– Oh, stai zitto e baciami!
Lui non se lo fece ripetere. Le catturò le labbra, invadendole la bocca
con la lingua. Alex sapeva come baciare una donna. Il suo sapore la inebriò,
mentre un intenso desiderio si impossessava delle sue facoltà mentali. Gli era mancato
davvero e quella consapevolezza la sorprese. Fino a quel momento non aveva mai
avuto bisogno di nessuno: lei era un cuore solitario. Ma Alex stava vincendo
tutte le sue difese, lasciandola in balia di un sentimento di cui aveva una
paura folle: l’amore.
Fu con fatica che si staccò da lui. – Andiamo di sopra.
Lui ridacchiò. – Sono molto tentato, ma non abbiamo ancora cenato. Sarai
affamata.
– Sì, ma non di cibo.
Samantha insinuò una mano sotto la sua maglietta, accarezzandogli il
petto. La sua pelle era bollente. Era eccitato, proprio come lei.
– Coraggio: hai appena detto di aver fatto preparare una cena fredda.
Quindi non si rovinerà, se prima saliamo di sopra a divertirci un po’.
Gli mordicchiò il lobo di un orecchio, strappandogli un gemito. Quello
che le ci voleva era un po’ di sesso. Sesso selvaggio, per allontanare lo
stress di una giornata di lavoro. In fondo era San Valentino, no? A cosa
serviva la festa degli innamorati, se non a fare sesso?
– Sei una strega, lo sai? – fece lui, prendendola per mano. –
Dannazione, mi hai convinto.
Salirono le scale a due a due e,
quando furono nella camera di Alex, lui chiuse la porta con un calcio. Intanto,
Samantha si era liberata delle scarpe e del pullover di lana. Sotto indossava
un reggiseno nero di pizzo, che aveva comprato apposta per quell’occasione. La
faceva sentire sexy.
Quando ebbe lasciato cadere anche
la gonna di jeans, cercò Alex con lo sguardo.
Lui si era andato a sedere sul letto, la schiena appoggiata ai cuscini e
le braccia incrociate sul petto, come in attesa.
Corrugò la fronte – Be’, tu non ti spogli?
Un sorriso pigro gli incurvò le labbra – Volevo godermi lo spettacolo.
Dai, vieni qui.
Samantha non se lo fece ripetere e lo raggiunse, inginocchiandosi sul
materasso di fronte a lui. Indossava ancora il reggiseno, gli slip e le calze
autoreggenti nere.
Lui le fece segno col dito di avvicinarsi di più, senza staccare gli
occhi dai suoi.
Samantha si sentiva il cuore in gola. Solo lui le faceva quell’effetto:
le gambe divennero di gelatina, mentre le guance si arrossavano. Solo con un
tremendo sforzo di volontà riuscì a mettersi a cavalcioni su di lui.
– E ora che mi hai qui, cosa hai intenzione di fare? – chiese, in un
sussurro.
Alex inclinò la testa, avvicinando le labbra al suo seno. Si fermò solo
quando furono talmente vicine a un capezzolo, da poterlo sfiorare.
– Questo – rispose, con voce roca.
La tensione sessuale era a mille. Samantha avrebbe voluto gridare,
quando infine la bocca di Alex calò su di lei succhiando il capezzolo,
attraverso il pizzo del reggiseno. Cielo, avrebbe potuto farla venire solo
così. Chiuse gli occhi, mentre lui si dedicava all’altro capezzolo.
– Carino il tuo reggiseno – le disse Alex, staccandosi. – Ora toglilo.
Samantha era così accaldata da sentirsi impacciata nei movimenti, come
una ragazzina inesperta. Come diavolo faceva a ridurla in quello stato, ogni
volta? Con mani tremanti slacciò il reggiseno e lo lanciò lontano. La corrente
d’aria fredda che percepì sui capezzoli, bagnati della sua saliva, li fece
diventare duri come sassolini. Quando Alex ne strinse uno, tra il pollice e
l’indice, Samantha sentì come una scossa elettrica che si irradiò dal suo seno
fino alle mutandine.
Era terribilmente eccitata.
– Alex, ti voglio. Adesso.
Si protese verso di lui per togliergli la maglietta. Voleva… no, doveva sentire la sua pelle calda, sotto
le mani. Gli accarezzò i pettorali scolpiti, fino ad arrivare alla cerniera dei
Jeans.
Lui rise. Una risata roca, gutturale e tremendamente sexy.
– Siamo impazienti, Sam?
Lei liberò la sua erezione dai jeans e, mentre l’accarezzava lentamente,
su e giù, lo vide abbassare le palpebre e sospirare.
– Adesso chi è impaziente, Alex? – il suo sguardo era vittorioso. – Vuoi
che smetta?
– Sei una dannata strega!
Ridendo, Samantha si tolse le mutandine e, aiutandosi con la mano,
introdusse il membro palpitante di Alex dentro di lei. Le parole non avrebbero
potuto descrivere il piacere che provò in quel momento, sentendosi un tutt’uno
con lui. Incatenò gli occhi ai suoi e continuarono a guardarsi, mentre si
muoveva piano, su di lui. Quello non era solo sesso. Era qualcosa di più.
Qualcosa che non riusciva a spiegare nemmeno a se stessa.
Dopo l’amplesso, mentre giaceva
rilassata fra le braccia di Alex, Samantha cominciò a sentirsi inquieta. Lanciò
un’occhiata alla sveglia digitale, posata sul comodino. – Si è fatto tardi,
forse dovrei andare.
Lui strofinò il naso contro il suo collo. – Mmm, perché non ti fermi a
dormire?
Samantha si irrigidì. Non si sentiva pronta per quello. Aveva bisogno
dei suoi spazi e non le andava di condividerli, nemmeno con un uomo dal fascino
magnetico come Alex.
– Devo alzarmi presto domani mattina e non riuscirei a dormire con te
accanto – una risatina la scosse. – Ti ho già detto che sei un vero stallone?
– No, ma lo prendo come un complimento. Davvero, Sam: dovresti fermarti
a dormire. Sei stanca e non hai nemmeno cenato. Prometto che farò il bravo e ti
lascerò riposare.
Lei si mise a sedere, passandosi una mano fra i capelli corti. Li teneva
così perché erano più comodi e, per fortuna, ad Alex non dispiaceva. Sosteneva
che i suoi capelli corti, sempre spettinati, fossero dannatamente sexy.
– Mi piacerebbe. Sul serio. Ma domani avrò una giornata pesante. Ci sono
varie persone da interrogare e…
– Sam?
– Sì?
– Non insultare la mia intelligenza. Queste sono scuse. Per quale motivo
dormire nel mio letto ti getta nel panico in questo modo?
Lei si morse il labbro, scendendo dal letto e cominciando a raccogliere
i propri indumenti, sparsi sul pavimento.
– Alex, per favore, dammi tempo.
Una risata stizzita la colse di sorpresa. Era irritato. Forse più che
irritato e se l’era andata a cercare, solo che… non poteva e basta.
Gli lanciò un’occhiata in tralice, mentre si rivestiva in fretta. – Ti chiamo
domani.
– Sam, non farmi sentire come un dannato idiota. Non mi piace essere
usato solo per il sesso.
Lei ridacchiò. Era nervosa e, quando si innervosiva, finiva sempre per
peggiorare le cose. Gli si avvicinò per posargli un bacio lieve sulle labbra. –
Credevo che a voi maschietti piacesse fare sesso, senza impegni.
Alex le afferrò il polso, stringendolo in una morsa. – Se cercassi solo
una facile scopata, non avrei bisogno di te, tenente Reed. Ci sono centinaia di
donne disposte a venire a letto con me.
– Non ne dubito. Ma ti eccitano allo stesso modo?
Il lampo d’odio che lesse nei suoi occhi blu notte le fece capire di
avere esagerato, ma era troppo tardi per rimangiarsi quelle parole stupide.
– Buona notte, Alex – disse, infilandosi le scarpe e avviandosi verso la
porta.
Lui non le rispose.
Samantha trascorse l’intera notte
a esaminare le foto scattate sul luogo del delitto. Qualsiasi cosa era meglio
dei cupi pensieri che l’avevano assalita dopo aver lasciato la casa di Alex.
Quando iniziò gli interrogatori, la mattina seguente, aveva un forte mal
di testa e una fame da lupi. Neppure il caffè della centrale riuscì a darle
sollievo.
Ascoltò con impazienza le lacrime della vedova dall’aria inconsolabile. Eppure,
dalle informazioni che aveva raccolto, i due coniugi erano sul punto di
divorziare. Considerato il fatto che lui si scopava un'altra, le suonava un po’
strana tutta quella disperazione.
– È stata quella donna! – gridò, prima di soffiarsi il naso. Non ci fu
bisogno di chiederle a chi si riferisse.
– Cosa glielo fa pensare? La loro relazione procedeva a gonfie vele.
Perché mai avrebbe dovuto assassinare il suo ex marito?
– Lui non era il mio ex marito! D’accordo, c’erano stati dei dissapori
fra noi, ma avevamo intenzione di tornare insieme. Lui era andato da lei per
dirglielo.
Samantha registrò quell’informazione e si voltò verso l’agente Morrison.
– Metti a verbale.
– Sì, tenente.
Riportò l’attenzione sulla vedova. Era una donna elegante, con capelli
biondi, striati d’argento. Al collo portava una collana di perle. Aggrottò la
fronte. – Bella collana – disse con noncuranza.
– Come, prego?
Samantha indicò il gioiello. – Adoro le perle. Quella collana sarebbe
perfetta insieme a un paio di orecchini della stessa fattura.
Il viso della donna si rabbuiò. Nervosismo? No, sembrava piuttosto
imbarazzata.
– È un regalo del mio ex amante. Probabilmente avrei dovuto
restituirgliela l’altra sera, quando abbiamo rotto, insieme agli orecchini che
mi ha portato. Erano fatti con lo stesso tipo di perle. Mi disse che erano
perfetti abbinati alla collana.
Un sospiro. – Quella sera gli ho raccontato di Will. Del fatto che
pensavamo di tornare insieme. Non volevo farlo soffrire, io…
La vedova riprese a piangere, stringendo il fazzoletto convulsamente fra
le mani. Non sembrava mentire. Il suo dolore era autentico.
– Può dirmi il nome del suo amante, Mrs Cox?
Lei sollevò lo sguardo, quasi non avesse capito bene la domanda. – Il
suo nome? – un altro sospiro. – Avevo una relazione con George Hunter, il migliore
amico di Will. Credevo che lo sapesse. Non l’ha già interrogato?
Samantha annuì, gettando un’occhiata di intesa all’agente Morrison. –
Sì, è stato il primo a essere interrogato. Ma non ha fatto alcun accenno alla
vostra relazione.
La vedova scrollò le spalle. – George è una persona molto riservata.
– Non ho dubbi in proposito.
Talmente riservata da aver omesso un particolare fondamentale nelle
indagini. Lui e la moglie della vittima se la spassavano alla grande, finché
lei non ha troncato la relazione per tornare fra le braccia del marito. A quel
punto, roso dalla rabbia, Mr Hunter ha raggiunto l’amico nel suo appartamento
da scapolo e gli ha sparato al cuore. Probabilmente ha lasciato cadere
l’orecchino per depistaggio, inducendo la polizia a sospettare di una donna.
– Una mossa molto astuta – fece Morrison, intuendo i suoi pensieri.
Lei sorrise. – Può andare, Mrs Cox. Ci è stata di grande aiuto.
Samantha osservò la donna allontanarsi con la fronte corrugata. Un
attimo dopo, il collega della scientifica fece capolino dalla porta.
– Hai i risultati?
– Sì, tenente. Non ci crederà mai…
– Ci sono le impronte di Mr Hunter?
– Come fa a saperlo? – La sua espressione stupita era quasi comica. E
così Hunter non si era neppure preoccupato di indossare un paio di guanti o di
eliminare le impronte. Spesso chi commetteva omicidi passionali faceva errori
pateticamente stupidi.
Senza rispondere, Samantha si alzò dalla sua sedia e si avviò verso
l’uscita. Stava per lasciare la centrale quando si trovò di fronte Alex, l’espressione
leggermente accigliata.
Il cuore accelerò i battiti. – Cosa ci fai qui? – fece in un sussurro.
– Non volevo venire, ma non ce la faccio a starti lontano. Sam, se fra
noi è finita voglio che tu me lo dica chiaramente. Sto impazzendo senza di te.
Samantha accorciò la distanza fra loro, senza staccare un attimo gli
occhi dai suoi. – Grazie per essere venuto. Sono una perfetta idiota, non è
vero? Stavo per rovinare tutto perché non avevo il coraggio di dirti quanto ti
amo.
Lui
trasalì. – Cosa hai detto? Ripetilo.
Lei rise. – Ho detto che ti amo, Alex Mitchell.
In un attimo si ritrovò avvinghiata a lui, le labbra premute contro le
sue. Quando si staccarono aveva il cuore in gola. – Ora devo andare – fece,
riluttante. – Ti raggiungo stasera. Se non sbaglio, ti sono debitrice di una
cena.
Alex appoggiò la fronte alla sua. – Perché stasera e non ora? Al diavolo
la cena, ho voglia di te. Ti voglio nuda, nel mio letto.
Samantha rise più forte. – Sono decisamente tentata, ma non posso. Ho un
assassino da arrestare.
FINE
Etichette: Racconti
2 Commenti:
Molto molto bello!
Complimenti Laura, ti seguo già da un po' (ad esempio con i racconti sul blog La Mia Biblioteca Romantica), e devo dire che ogni cosa tua mi piace più della precedente... Questo tuo racconto mi ha entusiasmato e affascinato (Richard Armitage come volto per il protagonista è perfetto!), e spero che ci regalerai ancora altre storie come questa. Tornerò spesso a trovarti sul tuo blog!
Se tu hai voglia, potresti passare dal mio (evapalumbo.blogspot.it) e lasciare un commento sulle cosette che scrivo io... un tuo parere, considerando la tua bravura ed esperienza, è assolutamente gradito!
Eva P.
Grazie per aver lasciato un commento! Verrò senz'altro a leggerti. :-*
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