Andrea era senza fiato. Il corpo
di Diana giaceva nudo sul divano, in tutto il suo splendore. Dio, sembrava
fresca e succosa come una pesca matura, tutta da mordere. Il cuore gli batteva
all’impazzata e il sangue gli scorreva più veloce nelle vene, affluendo al
basso ventre.
Doveva possederla. A ogni costo.
Emise un basso ringhio, chinandosi su uno
dei suoi seni deliziosi per lambirlo con la lingua. Il profumo del suo
bagnoschiuma lo faceva impazzire. O forse era l’odore della sua pelle? Intimo e
discreto come un campo fiorito.
Lei si protese verso di lui,
presumibilmente desiderosa di qualcosa di più. Oh, lo avrebbe avuto. Ma non
subito. Prima l’avrebbe fatta impazzire, in modo che nella sua mente non
restasse altro che lui. Voleva ridurre in brandelli anche le sue ultime difese.
– Calma… – le sussurrò, succhiandole il
capezzolo. – Lasciami assaporare ogni centimetro del tuo corpo.
Diana mugolò qualcosa di incomprensibile,
ma lui non vi prestò attenzione. Era troppo concentrato su di lei. Aveva dei
seni grandi e sodi, estremamente morbidi al tatto. Era difficile trovare donne
che non fossero ossessionate dai chili di troppo, nel suo ambiente. Finora
aveva frequentato solo modelle pelle e ossa o attrici con le tette rifatte, ed accarezzare Diana era un’esperienza nuova, inebriante.
Si impadronì delle sue labbra, baciandola
avido e insinuandole una mano tra le cosce. Voleva sentire se era morbida e
burrosa anche lì. Cristo, la sua pelle scottava e in quel punto era umida e
scivolosa. Pronta per lui.
Deglutì. – Cristo santo, Diana… mi stai
uccidendo.
Le infilò un dito dentro, cominciando a
muoverlo. In risposta, lei si dimenò sul divano. Aveva la testa reclinata
all’indietro, gli occhi chiusi e le labbra lievemente aperte. Ansimava come un
mantice. Dio, mio… Diana faceva l’amore come se fosse in astinenza da mesi. Non
aveva mai incontrato una donna più ricettiva e vogliosa.
Andrea mosse il dito più veloce. Dentro e
fuori. Aveva la fronte sudata, per la voglia di immergersi nel suo calore, ma
prima voleva farla venire. Cielo, guardarla godere era un’esperienza unica.
A un tratto lei cominciò a gemere forte, i
muscoli interni della fica che si contraevano intorno al suo dito. Andrea
rimase a fissarla fino all’ultimo tremito, poi si staccò, mordendole delicatamente
il labbro. – Ti voglio – sussurrò con voce roca. – Adesso.
Sbottonò i calzoni ed era sul punto di
tirarsi giù la zip, quando il suo cellulare cominciò a vibrare nella tasca. Per
un istante fu tentato di ignorarlo, ma poteva trattarsi di un’emergenza.
Imprecando sottovoce, lo afferrò per controllare il display. Era il numero di
Viola. Col fiato corto, rispose al terzo squillo. – Viola? Che c’è?
– Papà, mi passi a prendere? Ho avuto un
incidente col motorino.
* * *
Diana stentava a crederci. Quello
era stato l’orgasmo migliore di tutta la sua vita. Non che ne avesse avuti
molti, del resto. Le sue relazioni sentimentali erano sempre state brevi e
potevano contarsi sulle dita di una mano. Inoltre, i pochi uomini che aveva
avuto non possedevano né il fascino né l’abilità di Andrea Sartori.
Cielo, se lui non avesse ricevuto la
telefonata di Viola probabilmente gli avrebbe permesso di scoparla senza pietà,
su quello stesso divano!
Si passò una mano fra i capelli ancora
umidi, quasi incredula di ciò che aveva appena fatto. Tremava ancora per
l’eccitazione e la vagina le pulsava fra le gambe, per la voglia che aveva di
sentirlo dentro.
Si riavvolse nell’accappatoio di spugna e
si alzò barcollando, la testa lievemente confusa. Doveva riacquistare il
controllo di sé, immediatamente. Non poteva lasciare che quell’uomo le
sconvolgesse la vita e l’unica cosa che contasse davvero per lei: il proprio
lavoro. Se a scuola avessero saputo delle libertà che si era presa col padre di
Viola… non osava neppure pensare a una simile eventualità.
Si trascinò fino alla camera da letto dove
si liberò dell’accappatoio, per indossare una vecchia tuta. Le tremavano anche
le mani, dannazione!
All’improvviso il pensiero andò a Viola e
al suo incidente. Si augurava che non si fosse fatta nulla di grave. Come sua
insegnante non poteva evitare di preoccuparsi per lei. Forse avrebbe dovuto
chiamare Sartori per avere sue notizie?
Ma cosa diavolo andava a pensare? Quelle
erano solo scuse. In realtà aveva voglia di sentire la sua voce. No, non andava
affatto bene. Doveva togliersi quell’uomo dalla testa. Subito.
Il suono del telefono la fece trasalire.
Sollevò la cornetta col cuore che le martellava nel petto, ma non fu la voce di
Andrea che le tuonò nelle orecchie, bensì quella di Giorgia, la sua collega di
matematica. – Diana, hai programmi per questa sera?
Sospirò, nel vano tentativo di darsi una
calmata. Giorgia era la sua unica, vera amica. Viveva una relazione
sentimentale un po’ complicata e, quando aveva voglia di sfogarsi con qualcuno,
le proponeva un’uscita a due. – Hai litigato di nuovo con Fulvio? – le chiese,
sbuffando un poco. In realtà era contenta di sentirla. Aveva bisogno di un
diversivo.
Dall’altro capo del filo, Giorgia emise un
mugolio strozzato. – Mi ha lasciata. Questa volta temo che sia per sempre.
Quello era uno dei motivi per cui aveva
deciso di fare a meno degli uomini: troppo inaffidabili. E fino a quel momento
le era andata bene così. Se solo Sartori non si fosse messo in testa di
scombinarle l’esistenza! – Coraggio, racconta – disse, lasciandosi cadere sul
letto e predisponendosi all’ascolto. Probabilmente lo sfogo di Giorgia le
avrebbe fatto bene, ricordandole tutti i buoni motivi per cui era meglio non
lasciarsi coinvolgere in una relazione, specie con un uomo come Andrea Sartori.
* * *
La sala del Pronto Soccorso era
decisamente affollata. Andrea scorse la figlia con la coda dell’occhio: era
seduta su una sedia, i pantaloni strappati e un enorme cerotto all’altezza
dello zigomo destro.
– Cristo, Viola… – l’apostrofò
avvicinandosi, la mente piena di pensieri confusi. – Cosa diavolo hai
combinato, stavolta?
Lei sollevò su di lui uno sguardo
colpevole. Era pallida, ma non sembrava riportare gravi contusioni. – Sono
scivolata su una macchia d’olio. Temo che il mio motorino sia da buttare.
– Chi se ne frega del motorino! Tu come
stai?
Viola si alzò. – Bene. Avevo solo un
graffio qui, sotto l’occhio, ma non è nulla di serio. Ah, mi sono anche
sbucciata un ginocchio. Dovrò comprarmi un paio di pantaloni nuovi.
Andrea cercò di contenere l’irritazione.
Quando aveva ricevuto la chiamata di Viola gli era quasi preso un infarto.
Aveva lasciato l’appartamento di Diana in fretta e furia, per precipitarsi al
Pronto Soccorso; eppure tutto ciò di cui sembrava preoccuparsi sua figlia erano
un motorino e un paio di pantaloni da buttare. Tutto sommato, lei sembrava
essere in ottima forma. Aveva gli occhi che le brillavano e teneva stretto fra
le mani un libro consunto, quasi fosse un tesoro.
– E quello? – le chiese con una punta di
curiosità.
La sua domanda la fece arrossire. Balbettò
qualcosa di incoerente, prima di aggiungere: – È il testo della tragedia di
Romeo e Giulietta. Una cosa per la scuola. Me lo ha prestato il prof di
inglese.
Andrea annuì, prendendola sotto braccio. –
Vieni, ti riaccompagno a casa. Mi hai fatto prendere un bello spavento, lo sai?
Senza contare che, a causa sua, aveva
dovuto interrompere quello che prospettava essere il miglior amplesso della sua
vita. Dio, Diana lo aveva fatto letteralmente impazzire. Cercò di scrollarsi di
dosso la frustrazione e rallentò il passo. Viola zoppicava appena. – Quante
volte ti ho detto di fare attenzione quando prendi il motorino? – borbottò,
avviandosi verso l’uscita. Odiava gli ospedali e quell’odore di disinfettante.
Molto meglio il profumo della pelle di Diana, appena uscita dalla doccia. Quel
pensiero bastò a fargli tornare l’eccitazione. Doveva a tutti i costi fare
qualcosa. Non poteva andare avanti così, continuando a desiderare quella donna.
Eppure, per la prima volta in vita sua, non sapeva come comportarsi. Diana era
diversa dalle altre. Invece di buttarsi fra le sue braccia come facevano tutte,
sembrava combattuta. Sospettava che non sarebbe stato facile portarsela a
letto, non dopo che l’aveva piantata in asso sul più bello.
Sbuffò appena. – Sei una piantagrane,
Viola. Lo sai, vero?
Sua figlia abbozzò un sorrisino. – Ho
interrotto qualcosa di importante?
Col cavolo che le avrebbe raccontato di
Diana! Si grattò la punta del naso, scattando verso l’auto parcheggiata in
doppia fila. – Solo una noiosissima riunione di lavoro.
– Be’, allora dovresti essermi grato! Che
ne dici di festeggiare con pizza e patatine fritte?
Andrea era perplesso. Aveva appena avuto
un incidente col motorino e pensava a festeggiare? A sua figlia stava
succedendo qualcosa, anche se non gli era esattamente chiaro che cosa.
Ma con l’aiuto di Diana lo avrebbe
scoperto.
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